MANIFESTO PROGRESSISTA BIOETICO

THE PLACE

“L’uniformità non è la legge della vita. la vita esiste per via della diversità; essa esige che ogni gruppo, ogni essere, pur essendo uno con tutti gli altri nella sua universalità, sia nondimeno unico per qualche principio o dettaglio di variazione ben regolato. Il superaccentramento, che è la condizione di uniformità funzionante, non e’ il metodo della vita. l’ordine è si la legge della vita, non lo è invece una rappresentazione artificiale…perciò l’ordine più vero è quello formato dalla massima libertà possibile, poiché la libertà è al tempo stesso la condizione di una varietà vigorosa e la scoperta di sè. La natura assicura la varietà mediante la suddivisione in gruppi e insiste sulla liberta’ mediante la  forza della individualità dei membri del gruppo. Pertanto, l’unità della razza umana, per essere del tutto sana e in armonia con le leggi più profonde della vita, deve fondarsi su liberi raggruppamenti, e questi a loro volta devono essere in associazione naturale di liberi individui.”

[Aurobindo]

Premessa

Questo documento rappresenta una manifestazione esplicita di senso, atta a descrivere in sintesi  una maniera specifica di osservare, interpretare e reagire di fronte agli eventi accaduti e accadenti  nella realtà che ci circonda e dentro la quale viviamo. 

Questo documento racchiude e implicita altresì specifici obiettivi e ambizioni comuni, ed una  correlata scala di valori che ciascuno concordemente e di conseguenza elegge come propria. 

L’aderenza al presente Manifesto ha dunque anche la funzione di negoziare e patteggiare tra  esseri umani e tra questi e le forze invisibili che ne determinano i destini.

L’assioma gnostico “essere nel mondo ma non del mondo” esprime vagamente uno dei principi di  base su cui poggia l’intero Manifesto: l’esercizio del libero arbitrio e libero pensiero scegliendo di  non essere asserviti e protetti da dogmi e limiti imperativamente imposti dal rito del mondo, e per  converso l’assunzione delle responsabilità che possono derivarne. 

Nonostante l’autore ritenga che la realtà percepita possa risultare tanto più “vera” quanto più, man mano, si penetrino le realtà spirituali soprasensibili che la governano, il Manifesto è scritto in  forma razionale, nel rispetto della logica lineare e dei canoni convenzionali della dialettica. Per  tale motivo qualunque traduzione del presente Manifesto in lingue differenti dall’italiano dovrà  essere approvata dall’autore affinché possa intendersi autentica e possa determinare, di  conseguenza, effetti sul singolo che voglia aderirvi in ragione e coscienza. 

Progresso 

Etimologicamente esprimibile come PRO-avanti + GRESSUS-passo, esso viene assunto nel suo  significato di “miglioramento”. 

Reputiamo infatti che non tutti i passi in avanti siano realmente in grado di produrre effetti  migliorativi sugli elementi fondamentali dell’esistenza umana, che in massima sintesi possono  racchiudersi nel tentativo di raggiungere la felicità

Felicità

Ascrivibile al latino FELIX-produrre, il termine viene assunto nel suo significato estensivo di  “prospero” e “fecondo”, riferito primariamente al sentimento personale di realizzazione del  proprio senso della vita, che ciascuno ha il compito di comprendere e perseguire. 

Ciascuno in quanto individuo unico ha difatti il proprio modo di incedere, discernere, interpretare  e perseguire la felicità, e da tali modi derivano le proprie scale di valori e di priorità, nonché la  maniera soggettiva di soddisfare le proprie esigenze ataviche

Si nota inoltre che l’essere umano, nel cercare la felicità, sovente la trova nella temporanea  assenza di dolore: si gode della compagnia solo se prima mancava, si cerca il fresco solo dopo aver  sofferto il caldo, e così via. Si riscontra dunque che massimamente l’essere umano persegue la  propria felicità inseguendo la temporanea cessazione di disagio, salvo che per quelle aspirazioni profonde e sensibili che probabilmente possono racchiudersi nell’espressione mistica “la vera  felicità è avere Dio nel cuore”.  

Scala di valori

Si tratta evidentemente di una classifica interiore e personale, dove ciascuno pone al vertice le  cose che avverte più importanti, e via via le altre cose secondo propria coscienza e ragione. 

Le scale di valori di una persona comune sono massimamente indotte dalla cultura di massa, che  in tal modo ne influenza il comportamento e le scelte, usurpando più o meno marcatamente il  previamente citato libero arbitrio e autonomia di pensiero

Gli aderenti al presente manifesto, ciascuno secondo le proprie capacità, desiderano dunque  svincolarsi dal senso comune, considerandolo di fatto foriero di scelte collettivamente distruttive,  ovvero ascrivibili ad un errato modello di progresso

Gli aderenti al presente manifesto desiderano quindi assumersi la piena responsabilità circa le  scelte della propria vita, che intendono compiere in quanto più completa autonomia possibile, e  nel contempo rinunciare alla comoda stampella del dogma predefinito offerto dalla società come  pensiero comune.

Esigenze ataviche

piramide di maslow

Per esigenze ataviche si intendono le basi moventi o motivazioni fondamentali della persona, cioè  quella costellazione di fattori interni ed esterni che spiega perché l’individuo assume specifici  comportamenti nei differenti momenti della propria vita. 

Un’esemplificazione opportuna è riscontrabile nella celebre “piramide di Maslow” del 1954, dove  vengono indicati, in sintesi gerarchica, i bisogni comuni a tutti gli esseri umani. 

I 6 bisogni secondo Maslow: 

1 – bisogni fisiologici, legati a esigenze fisiologiche naturali e primarie (fame, sete, ecc.).  2 – bisogni di sicurezza, che motivano a ricercare protezione e contatto (freddo, paura, ecc.).  

3 – bisogno di amore e di appartenenza, che conduce a comportamenti tesi a dare e ricevere  amore, dall’amicizia all’intimità sessuale (sessualità, riproduzione, gioco, ecc.).

4 – bisogno di riconoscimento o stima, fortemente correlato con la qualità psicologica individuale,  ovvero con il proprio senso e misura di se e degli altri, che l’individuo confronta con le opinioni che  gli altri anno di lui, per trarne la misura della propria soddisfazione. 

5 – bisogni di auto-realizzazione; essi influenzano i comportamenti tesi a esprimere le proprie  potenzialità, creatività, spontaneità, anche al fine di poter perfezionare l’idea che abbiamo di noi  stessi e del mondo che ci circonda. Appropriate suonano le parole di Albert Camus: “Se il mondo  fosse chiaro, l’arte non esisterebbe”. 

6 – bisogni di trascendenza. Questi motivano a superare i propri limiti, a trascendere la propria  idea di se stessi e di individualità, per portare in luce la propria oscurità e per contrastare la  schiacciante paura dell’ignoto e della morte. 

L’elencazione elaborata da Maslow è stata ampiamente utilizzata nel marketing e nella psicologia  comportamentale, portando a differenti e variegate intepretazioni. 

Il presente Manifesto ne condivide l’ispirazione, reputando evidente che, persino nella natura, è  decisamente infrequente che un animale persegua la realizzazione di bisogni superiori se quelli  inferiori non risultino soddisfatti. 

Per contro, reputiamo ugualmente importante notare che l’essere umano, al contrario  dell’animale, persegue la realizzazione dei propri bisogni primari, che sperimenta in forma sub- 

cosciente, in forma indiretta attraverso i desideri di possesso: la mia casa, la mia reputazione, il  mio ragazzo, il mio cane, la mia opinione, ecc. 

Emerge di conseguenza, tra gli obiettivi del presente Manifesto, quello di raffinare la qualità e  quantità di tali desideri, affinché non vengano artificiosamente indotti dall’esterno, per finalità  opportunistiche, allo scopo di determinare nella nostra vita un falso progresso quotidiano. 

Parimenti, la variegata diversità umana vede la maggior parte di individui compiaciutamente  intenti nella reiterata e ossessiva realizzazione di desideri di ricchezza, i quali sono a loro volta  riconducibili all’accumulo di denaro. 

In altre parole, la persona comune persegue la soddisfazione dei propri bisogni primari come  modello di ricerca della felicità, e interpreta inconsciamente tale possibilità come derivante dalla  propria disponibilità economica. Da questo atteggiamento deriva, e nel medesimo tempo  determina, il mondo in cui vive, ovvero il suo habitat esistenziale di specie

Ma l’habitat siffatto se appare idoneo alla persona comune, alla massa, come un centro  commerciale è idoneo ad un appassionato di shopping modaiolo, non lo è parimenti per le specie  umane minoritarie, ovvero per quelli che cercano la felicità in altra maniera.

Specie coscientiva

Il principio di speciazione è cruciale per comprendere le basi di pensiero del presente Manifesto. 

In sintesi la speciazione è un fenomeno descritto dalla scienza come il processo per mezzo del  quale da una specie ne emergono altre dotate di propria autonomia e più o meno differenti dalla  specie-madre. Google la definisce “Processo evolutivo di formazione di nuove specie zoologiche e  botaniche a partire da specie esistenti, per via di mutazioni che si accumulano in popolazioni  rimaste isolate per tempi molto lunghi”. 

Per sollevarci al di sopra di questa definizione meramente materialistica, introduciamo dunque il  principio di “specie coscientiva”, ovvero dove non si distinguono le varie specie secondo parametri  arbitrari e mai risolutivi, quali la genetica, il modello riproduttivo, l’habitat e l’alimentazione, la  forma del corpo, ecc., bensì secondo il livello di coscienza dell’individuo ed il relativo senso della  realtà. Ciò vale perfettamente anche per il mondo animale, il cui comportamento individuale  riflette null’altro che il livello di coscienza collettivo, senza la possibilità di ponderare in autonomia 

le proprie scelte. Per questo si dice anche “l’essere umano è l’unico animale nato senza il libretto  d’istruzioni”. 

Gli umani non sono dunque una specie, bensì moltissime, al pari di qualunque altro essere vivente  in natura. Il grave fenomeno di progressiva riduzione delle biodiversità è correlato con un eguale  fenomeno entro la sfera umana, ed estensivamente entro lo spazio psicologico personale e  individuale. Ne consegue tuttavia che, in mancanza di una maggiore consapevolezza in merito al  principio di biodiversità umana, tale processo di degrado progressivo resta inavvertito al singolo. 

Le centinaia di migliaia di specie umane si stanno riducendo per omogeneizzazione e selezione  artificiale, al pari dei polli e del grano che mangiamo. 

“”Nel cosmo esistono 8.400.000 forme di vita, 900.000 delle quali sono acquatiche, 2.000.000 sono  costituite da alberi e piante; 1.100.000 sono piccoli esseri viventi come insetti e rettili; 1.000.000 di volatili; 3.000.000 sono animali ed infine 400.000 sono specie umane.”” [dal Padma Purana] 

Non parliamo affatto, ovviamente, di ciò che confusamente gli scienziati definiscono “specie”,  ovvero il concetto di specie biologica, fisica, materiale. 

Chi non riesce ad elevare il concetto di “umano” e di identità al di sopra del mero involucro di  carne, è a ragione definibile “materialista”. E’ una religione, e come tale impone fanatismi  dogmatici per impedirne la deriva. Questo livello di riflessione, proposto nel presente Manifesto, non è pertanto accessibile a persone che non abbiano conquistato la già precedentemente citata  “autonomia di pensiero”. 

La coscienza evolve, la coscienza muta. Il corpo è un riflesso della coscienza. Le forme di  speciazione sono fenomeni di pertinenza della coscienza

Biocenosi

biocenosi

Biòtopo: [comp. da bio e topo] sede di una determinata SPECIE.  

Biotipo: [comp.da bio e tipo] termine per definire un GRUPPO di individui che nella loro  discendenza mantengono COSTANZA DI CARATTERI.  

Biocenosi: [comp. da bio e comunanza] vita in COMUNE di ESSERI DIVERSI, sia animali che vegetali.  La fauna delle scogliere sottomarine ne è un esempio. “In ecologia, complesso di popolazioni animali e vegetali che vivono e interagiscono fra loro in uno stesso ambiente, o biotopo, con il  quale formano un ecosistema.” [Treccani] 

Bioetica: [comp. da bio e etica] “…ambito di riflessione interdisciplinare che si occupa dell’analisi  razionale dei problemi morali emergenti nell’ambito delle scienze biomediche, proponendosi di  definire criteri e limiti di liceità alla pratica medica e alla ricerca scientifica, affinché il progresso  avvenga nel rispetto di ogni persona umana e della sua dignità. Incontro delle scienze naturali  con le scienze umane, la bioetica è un nuovo campo di ricerca e di riflessione, sorto negli anni  Settanta, che si propone di studiare i complessi problemi morali, sociali e giuridici sollevati dagli  sviluppi delle scienze della vita: la biologia, la medicina, l’ecologia, l’etologia. Le questioni  

affrontate dalla bioetica si riferiscono, quindi, non solo alla pratica medica, alla genetica, alla isperimentazione clinica, ma anche alla vita degli ecosistemi e alla tutela delle specie animali. Per  rispondere alle domande fondamentali della bioetica è indispensabile un dialogo che coinvolga  scienziati e studiosi delle più diverse discipline, dalla filosofia al diritto, dall’economia alla  sociologia, dall’antropologia alla psicologia.” [Treccani] 

Habitat esistenziale

“1. In biologia, l’insieme delle condizioni ambientali in cui vive una determinata specie di animali o  di piante, o anche un singolo stadio del ciclo biologico di una specie; con significato più ristretto, in  botanica, l’area nella quale una pianta trova le condizioni ambientali favorevoli al suo sviluppo. 

  1. Estensivamente, in ecologia, ambiente, condizioni generali di un insediamento urbano, e il  complesso delle strutture, naturali e artificiali, che lo caratterizzano.” 

[Treccani] 

Ciascuna specie (coscientiva) ha dunque il suo proprio habitat congeniale. 

Tuttavia, al contrario degli animali che per loro istinto scelgono sempre l’habitat più simile a quello  rispondente alle proprie esigenze di specie, l’essere umano è ignaro delle sue proprie qualità di  animale naturale, ed essendo inoltre dotato della capacità di modificare l’habitat circostante, lo  sta progressivamente conformando ai dettami della specie coscientiva artificiale cui, suo  malgrado, si ritrova inconsapevolmente ad appartenere.  

Da qui la differenza più sostanziale tra il concetto generico di “ecologia” e quello specifico di  “ecologia profonda” (vedasi paragrafi successivi). 

Attualmente l’habitat sociale è artificiale. La nostra specie individuale è sostanzialmente un  animale selvatico ridotto in cattività, che progressivamente sta dimenticando la sua natura per  trasformarsi in un ibrido artificiale, che al pari dei polli si imporrà come unica specie massiva, a  discapito delle specie umane naturali, ovvero perdendo l’umana biodiversità. 

Ne deriva la necessità assoluta di poter disporre di un habitat congeniale all’esercizio della vita per  tutte quelle specie coscientive che non riescono a sopravvivere in suddetto habitat artificiale,  tenendo in considerazione il progressivo restringersi degli habitat naturali a favore di raffazzonati  habitat artificiali idonei alle nuove specie artificiali, ma deleteri e mortali per le altre specie  coscientive naturali, inclusi animali e piante.

Tale habitat va dunque prima di tutto riservato, protetto e liberato dalle regole e leggi comuni al  rito della “specie di massa”, e successivamente abitato rispettando quelle leggi spontanee che  sono alla base dei processi di biocenosi. Tali processi ovviamente comportano sensibili  modificazioni e adattamenti sia all’habitat che agli individui, ma tali modificazioni debbono  avvenire nel rispetto dei principi di libertà e armonia comuni a tutti gli esseri viventi in natura. 

Specie artificiali

I processi che determinano le speciazioni e modificazioni di specie possono essere di tipo naturale,  ovvero indotti dal concerto di fenomeni naturali insistenti sull’individuo, o artificiali. 

Le specie artificiali hanno una peculiarità: non sopravvivono in natura, e non appartengono ad una  biocenosi, non si inseriscono in un equilibrio. Sono state costruite per un obiettivo opportunistico,  differente da quello del Creato, qualunque esso sia. 

La selezione artificiale è un processo ingegneristico, massivo, livellante e controllato. Ogni giorno  migliaia di persone lavorano nel settore zootecnico, ed i loro metodi di selezione artificiale sono  sovrapponibili ad i modelli di marketing e di ingegneria sociale, cui progressivamente si  aggiungono tecnologie invasive di modellazione neurale e biochimica prenatale e perinatale. 

Ripristinare o incentivare il ripristino delle biodiversità è un’azione prima di tutto di coscienza, che  deve avvedersi del “come” tutto ciò accade, e delle sue ripercussioni e connessioni trasversali. 

Non basta piantare due alberi di essenze antiche qui e la. Occorre comprendere che tra un bosco  ceduo ed un bosco in biocenosi vi è la stessa differenza che possiamo trovare tra un pollo in un  allevamento intensivo ed un gallo cedrone in libertà. Il primo è una specie coscientiva artificiale, il  secondo una specie coscientiva naturale. 

Se ad esempio riduciamo le persone a ciò che materialmente rappresentano per noi, o possono  darci e toglierci, stiamo facendo selezione artificiale, e al pari del pollo, selezionato pensando che  sia nient’altro che un paio di chili di carne, il nostro prossimo diviene nient’altro che uno  strumento per soddisfare i nostri desideri, esorcizzare le nostre paure, sfogare le nostre pulsioni e  compensare gli squilibri creati dal nostro innaturale stile di vita.

Parimenti, in un altro esempio, magari realizzo che “a catechismo” mi hanno riempito di  scemenze, dunque non riesco più a frequentare la specie coscientiva dei miei vecchi amici di  catechismo, e nel contempo cambio stile di vita in quanto mi rendo conto che il paradiso non  esiste ma devo realizzarlo in terra, così mi butto nella newage, oppure nel materialismo libertino,  conformandomi ad un diverso senso della realtà che maggiormente rispecchia il mio nuovo livello  di coscienza. 

E così via: successivamente nella vita mi si aprono gli occhi su altre cose, e nuovamente accade  una speciazione… 

Le specie coscientive sono dunque raggruppamenti di coscienze che condividono un senso della  realtà tra loro comune, ed esigono un relativo habitat esistenziale idoneo alla realizzazione dei  loro obiettivi. 

Ma come accade la speciazione? Lo Spirito (yang), una volta maturo per affrontare un’elevazione  coscientiva, sviluppa insofferenza verso l’attuale modello di vita e habitat. Se l’architettura  psicologica di un individuo è tale da consentire la consapevolizzazione di tale insofferenza e  disagio all’interno dei Corpi esperenziali (fisico, vitale, astrale, mentale), egli modificherà le sue  priorità fino ad accumulare abbastanza energia e motivazioni (repulsione) da staccarsi dalla specie  precedente (definibile per questo motivo come “specie madre”). 

Ecologia profonda

Negli anni settanta il filosofo norvegese Arne Naess coniò il termine “ecologia profonda” per  indicare una consapevolezza che riconosce la fondamentale interdipendenza di tutti i fenomeni e il  fatto che gli esseri umani, esseri al contempo individuali e sociali, incidano sui – e dipendano dai – processi della Natura. Nel 1973 usciva in stampa l’articolo The Shallow and the Deep Long- Range  Ecology Movement. Un sommario, nel quale Arne Naess definiva i caratteri del movimento  dell’ecologia profonda, in contrapposizione al pensiero ecologico riformista. Nel suo articolo il  filosofo norvegese traccia una classificazione dei diversi approcci allo studio dei problemi  ambientali, introducendo per la prima volta le due categorie “ecologia profonda” (Deep Ecology)  ed “ecologia superficiale” (Shallow Ecology). L’ecologia superficiale viene definita come il  “movimento che lotta contro l’inquinamento e l’esaurimento delle risorse”, il cui obiettivo  centrale guarda alla “salute e alla ricchezza delle popolazioni dei paesi sviluppati”. Viceversa l’ecologia profonda si distingue per un rovesciamento di approccio. I principi che caratterizzano  quest’ultimo vengono esposti in sette punti: 

  1. Rifiuto dell’immagine “uomo nell’ambiente” a favore di un’immagine di campo relazionale  totale. Con questa espressione Naess introduce il principio della relazione intrinseca, che dissolve  ogni idea di oggetto separato posto in un ambiente, nonché quello che diverrà uno dei concetti  chiave della sua ontologia ecologica. 
  2. Egualitarismo biosferico di principio. Senza fingere che non esistano conflitti tra specie e tra  individui, prassi di uccisione e sfruttamento inevitabili (non solo animali), tutti gli esseri hanno  uguale diritto a vivere e a realizzarsi. La restrizione di questo diritto alla sola specie umana è un  antropocentrismo ingiustificato che si ritorce contro l’uomo stesso in quanto causa di alienazione. 
  3. Principio di diversità e simbiosi. Principi fondamentali della scienza ecologica, essi aumentano le  possibilità di sopravvivenza e la ricchezza delle forme di vita. 
  4. Posizione anticlassista. Va applicata alla considerazione di ogni conflitto tra gruppi ed è  necessaria per le potenzialità di realizzazione di ogni individuo. 
  5. Lotta all’inquinamento e all’esaurimento delle risorse. Spesso si ritiene che quest’obiettivo sia  sufficiente a fronteggiare la crisi, mentre si possono causare ulteriori danni, quali l’accrescimento  delle differenze di classe (ad es. tra paesi ricchi e paesi poveri) o la distruzione parziale degli  ecosistemi dovuta all’inseguimento di misure tecnologiche per la riduzione dell’inquinamento. In  generale questa norma o principio è l’unica ad aver finora avuto sostegno politico, ma di per sé  non intacca alcuna delle cause profonde della crisi. 
  6. Complessità, non complicazione. Ulteriore principio della scienza ecologica. La distinzione tra  complessità e complicazione è la stessa che tra un insieme dotato di una forma “gestaltica”, un  sistema o organismo, ed una giustapposizione di enti, complicata e priva di principio. 
  7. Autonomia locale e decentralizzazione. La vulnerabilità di una forma di vita è proporzionale alla  dipendenza da influenze distanti ed esterne rispetto alla regione nella quale essa ha raggiunto un  equilibrio ecologico. Ridurre queste influenze significa rafforzare l’autosufficienza, ridurre i  consumi di energia e risorse.

Secondo Naess l’ecologia profonda costituisce il contributo più significativo all’etica ecologica. Egli  sostiene che i nostri “valori, stili di vita, i nostri comportamenti, sono radicati in una visione del  mondo che rimane implicita, influenzando tutto ciò che facciamo. Così non importa quanto  modifichiamo tecnicamente le situazioni, e non importa come riformiamo i processi decisionali  legali e morali, i risultati finali saranno comunque conformati a quella visione del mondo, in  quanto essa condiziona la nostra percezione e il nostro ragionamento.” 

Scrive in proposito il fisico Fritjof Capra: “In definitiva, la consapevolezza ecologica profonda è una  consapevolezza spirituale o religiosa. Quando il concetto dello spirito umano viene inteso come la  forma di coscienza in cui l’individuo prova un senso di appartenenza, di rapporto di connessione  con l’intero cosmo, diventa chiaro che la consapevolezza ecologica è spirituale nella sua essenza  più profonda”. [ecopedagogia.it] 

 

Denaro

Come abbiamo compreso, il denaro rappresenta sempre più marcatamente quel surrogato di  ricchezza atto ad indurre nell’individuo artificiale moderno una sensazione di sicurezza circa la sua  possibilità di soddisfare i propri bisogni. 

Il denaro viene dunque accumulato allo scopo di assicurarsi salute, nutrimento, protezione,  riproduzione, ecc. 

Il denaro è tuttavia in grado di offrire una soluzione a tali bisogni in modo generalmente surrogato  ad esempio: 

– Curare i sintomi anziché le cause di una malattia – allopatia. 

– Raggiungere la fama fingendosi esperto per mezzo dei media, anziché conquistare la  fiducia e stima della propria comunità condividendo le proprie reali qualità. – Ottenere favori sessuali in cambio di denaro anziché rispettare le proprie sensazioni  naturali e negoziare l’incontro intimo nel pieno rispetto del mistero che vi soggiace. – Vivere in quartieri-bene protetti da guardie armate anziché collaborare affinché non vi sia  miseria e violenza nella propria comunità. 

– Mangiare cibo costoso anziché sapersi procurare con consapevolezza il proprio cibo.

Da notarsi in proposito che qualunque possibilità di surrogare i propri bisogni atavici può essere  attuabile solo all’interno di un habitat artificiale fatto di commercianti, imbonitori, prostitute,  fanatici e specialisti

Per converso, è parimente evidente che in un habitat naturale, quale quello oggetto di ambizione  collettiva come da presente Manifesto, un essere umano appartenente ad una specie artificiale  non potrebbe sopravvivere senza un difficile processo di adattamento. 

Si comprende dunque che il denaro non fa la felicità per le specie naturali, mentre invece  effettivamente fa la felicità di quelle specie artificiali che accettano una tale organizzazione  dell’esistenza, che si traduce nel tipico habitat artificiale costituito dalle concentrazioni urbane o città

Città

smart cities

Le città sono la rappresentazione sistematica della tipica progettualità di un habitat artificiale. Esse  ricevono cibo e risorse dalle aree periferiche e in generale dall’esterno, e riversano in risposta i  propri scarti e liquami verso la medesima direzione. 

“il 55% della popolazione mondiale è pressata in megalopoli con più di 10 milioni di abitanti” [2018 – Repubblica] 

Questo significa però che stavolta le minoranze non sono le elite di dotti, intellettuali, filosofi,  nobili o artisti. Le minoranze sono le comunità umane: gli Stati. 

Possiamo difatti notare la presenza sottotraccia, ma ciononostante decisamente rilevante, di  “Metropolia”, una nazione transnazionale composta dalla somma delle megacity. 

“Una mega-city è una città molto grande, con una popolazione superiore a 10 milioni di abitanti.” [Wikipedia] 

43 Città-alveare detengono dunque la maggioranza culturale, parlano la cosiddetta “neolingua”  anglofona, e dipendono totalmente dalle nuove tecnologie. 

Alla luce di quanto detto in premessa, la seguente immagine potrebbe apparire meno comica di  quanto vorrebbe:

I “Metropolini”, cittadini di Metropolia, sono caratterizzati da una estrema passività cognitiva,  inevitabile a causa della loro obbligata specializzazione professionale, che li rende estremamente  poveri nella cultura trasversale, rendendoli inadatti a valutare individualmente le scelte della loro  vita. 

I Metropolini hanno parimenti una elevata arrendevolezza alle mode tecnologiche disposte dai  cartelli del comparto ICT mondiale, e considerano l’adattamento alle nuove tecnologie inevitabile. 

Implicitamente, i metropolini hanno rinunciato a vantar diritto di critica verso le culture introdotte  dalle multinazionali, sentendo anzi indispensabile e vitale difenderle e propagandarle  nell’inconscia speranza medioevale di ottenere favori dal “padrone”. 

Amano definirsi “fluidi”, a rappresentare un intercambiabilità e mutabilità di sentimenti, opinioni, religioni, genere sessuale, e ovviamente cittadinanza. 

“Cittadino del mondo”, ama definirsi erroneamente il metropolino, che purtroppo non ha più  modo di accertare, a causa della sua condizione esistenziale di asservimento all’habitat  tecnologico e digitale, che il mondo non è quello in cui egli pensa di vivere, bensì quella cosa che  sta soffocando sotto la platea di cemento sulla quale sta girellando con il suo smart-scooter,  fumando la sua smart-sigaretta, e sognando di risvegliarsi in un superdotato androide. 

A Metropolia non è consigliabile applicare la riproduzione naturale, in quanto non può essere  garantito alcun controllo sull’educazione della prole, e questo potrebbe creare disagio nei  metropolini. 

Questi sono invece invitati a sperimentare nuovi modelli asessuati di riproduzione artificiale, ed un  diverso modo ricreativo di utilizzare i propri orifizi e protrusioni di carne, libero dall’imposizione  riproduttiva, e dove poter sfogare le gigantesche frustrazioni accumulate a causa dell’innaturale  compressione degli istinti, inevitabile a Metropolia. 

Ad esempio nei videogiochi abusati sin dalla pubertà: “Le produzioni di StudioFOW sono brutali. In  ogni film di StudioFOW, puoi contare sulla telecamera che si chiude sui volti delle donne, in modo  che lo spettatore possa vedere quanto il sesso le faccia male. Dopo le scene di sesso, le donne  sgorgano sperma o vomitano sperma all’infinito, da quasi tutti gli orifizi contemporaneamente.  Occasionalmente, le scene enfatizzano il danno che lo stupro sta causando permettendoti di  vedere dentro i corpi, stile X-Ray.” 

Ogni parte dell’intrattenimento contiene suggerimenti su come gestire la propria sessualità e  costumi sociali, con ampia tolleranza di pedofilia, violenza e magia nera. Il tutto senza alcuna  restrizione di età. Anche quel tipo di separazione sta divenendo fluida. 

E’ abbastanza comprensibile il perché divenga poco attraente, se non inquietante e  controproducente, sviluppare attaccamento genitoriale all’interno di Metropolia, dove sovente la  giovinezza diventa un prodotto ricreativo. 

Basata sulle strutture mediatiche create dalle grandi multinazionali della comunicazione, che ne  rappresentano la mente visionaria, Metropolia rappresenta la più grande tacita protesta contro il  Creato, inteso come il sistema biologico naturale e relative necessità istintive. L’incapacità delle  intelligenze digitali di comprendere la complessità della natura, impone di ridurla al silenzio.  Dunque l’atrofia sensoriale e cognitiva, assieme alla sterilità, sono da queste considerate  auspicabili e sostituibili da più efficienti, controllabili e meno impegnative stampelle tecnologiche. 

Il “falling-up” demografico verso le città è in vertiginosa caduta, con periferie rurali abitate  solamente da anziani reputati “reazionari” in quanto resistenti alla pioggia di condizionamenti  culturali cui i Metropolini accettano di soggiacere. Alcuni fenomeni di controtendenza si stanno  verificando negli ultimi due o tre anni in risposta alla minaccia di carestie e depressione  economica, ma solitamente vedono le persone spostarsi negli inurbamenti più prossimi alle città,  per assicurarsi di poter conservare le loro abitudini urbane in una sorta di dissonanza cognitiva.

Salvo cambiamenti dunque, il prossimo decennio avrà un’altra, grande, specie in estinzione:  l’homo sapiens, sostituito dal trans-human fluido. 

Specialismo

Una delle caratteristiche delle città è il ricorso pressante alla specializzazione, che dal mondo produttivo e professionale è oramai giunta ampiamente anche al sistema scolastico. Lo specialismo è dunque un’ideologia che deriva dal principio di catena di montaggio: lo stesso che ha trasformato un chiosco che vende hamburger in una delle più grandi multinazionali della storia: McDonald’s. La sua storia, narrata in libri e produzioni cinematografiche, ricorda che la chiave del loro successo era smettere di insegnare ai dipendenti a fare hamburger, per concentrarsi sull’insegnare loro a tagliare il pane, oppure a mettere cetrioli, oppure a grigliare le polpette, a seconda di ciò che riusciva loro meglio e più velocemente. La ripetizione consentiva poi di accelerare ulteriormente la produzione, abbassando i costi e rendendo uniforme nel tempo la qualità. Un altro esempio di specialismo è quello dell’alveare, o del formicaio, dove ciascun individuo ha un compito predeterminato dal quale non può discostarsi, e dove il vero individuo è l’alveare stesso, mentre api o formiche ne costituiscono nient’altro che il “corpo”. In tale modello persino la riproduzione resta pertinenza esclusiva degli individui specializzati a tal scopo, e così mentre la regina deve riprodursi incessantemente fino allo sfinimento ed alla morte, le operaie sono sterili e concepite anche per essere sacrificabili. Per soddisfare la vanità personale non è necessario essere globalmente bravo e capace, è sufficiente essere molto bravo a fare una singola cosa, come limare le unghie, per essere considerato un valente professionista qualificato come “limaunghie professionale”. Dunque l’individuo, ammiccato da tale opportunità, accetta di identificarsi nel ruolo sociale. Il personaggio sostituisce la persona entro la società, che in cambio lo accoglie in un mondo assurdo ma comodo. Ovvio che, al pari di un formicaio, il modello specialistico non offre alcun progresso per l’individuo, ma solo per la collettività. Ne consegue parimenti un fatto noto: nel mondo una piccolissima percentuale di individui gode delle ricchezze e dei vantaggi del progresso ottenuto con il sudore di tutti. Questo modello riscrive per giunta anche il concetto stesso di collettività, che cessa di essere derivante dalla qualità dei singoli individui, ma diviene al contrario implicitante tale qualità. Tipica frase affermata da persone che aderiscono a tale modello è: “Abbiamo imparato a sintetizzare l’Insulina!”
…e in generale, il riferirsi a “noi” quando interrogati circa il proprio senso della vita e relativi progressi. In un tale modello, per sentirsi “evoluto”, un individuo sarà costantemente spinto a scegliere a quale squadra, partito, parrocchia o ideologia sedicente “evoluta” appartenere. Il principio di evoluzione individuale, con la mole di responsabilità che l’accompagna, in tale modello scompare quasi completamente. Si chiama “affascinazione”, ed è il meccanismo conosciuto in varie forme di psicologia e tradizione sapienziale con il quale la coscienza si identifica erroneamente nell’Io informatico-concettuale. Le misure e le scelte della propria vita, nel modello specialistico, divengono automaticamente dipendenti dalla volontà dell’individuo-collettivo. Un tale modello, privo di reali stimoli per la coscienza individuale, porta come naturale conseguenza all’atrofia di quest’ultima. La Coscienza dunque si oblia riversandosi in una forma collettiva.
Il modello specialistico ha come obiettivo il successo dell’individuo-collettivo, misurato secondo un approccio moralistico migliore/peggiore, il ché implica un costante giudizio degli altri. In questo modello, oramai decisamente maggioritario, si è ricchi solo se circondati da persone più povere. Si è intelligenti solo se circondati da persone stupide. Dunque ciascuno di noi, per sentirsi meglio, potrà indifferentemente tentare di diventare più intelligente, oppure tentare di far risultare stupidi quelli più intelligenti di lui. All’interno del Modello Specialistico il singolo sperimenta soddisfazione alla vanità personale in ragione dei riconoscimenti sociali, e questi vengono offerti a coloro che, come recitano i test di orientamento universitari, “non perdono tempo con ciò che sognano, stante il fatto che sovente i sogni sono effimeri e cangianti, bensì si dedicano a coltivare l’attività che GLI RIESCE MEGLIO”. 
Nulla di più sottilmente invalidante può essere detto ad un ragazzo. Una volta entrato nella china del “gli faccio vedere come sono bravo con i numeri”, il giovane si ritroverà malaticcio, scontento e alienato, costretto per sempre davanti ad un monitor ad eseguire lo stesso lavoro per conto di altri, e oramai incapace di comprendere e plasmare il proprio habitat, divenuto incomprensibile e
ignoto. Quei pochi esempi di giovani “di successo” che possiamo incontrare nel mondo delle tecnologie, del digitale, nascondono per contro un’ecatombe di altri giovani che stentano a sopravvivere, sia fisicamente che emotivamente!
Nulla valgono neppure quei ragazzi che sembrano vivere senza un domani, concentrati sul gongolarsi tra i balocchi che il diavolo di turno gli offre in cambio dell’anima. Onori, piaceri, doni e glorie effimere, che solamente persone psicologicamente e spiritualmente impreparate possono gioire nell’accettare.
Eppure sovente sono i testimonial dei nuovi sogni giovanili Made in Google.
Per sopravvivere, se ne farà “una” ragione. Significa che, reputando inarrestabile e incontrovertibile tale condizione, giungerà ad attribuirvi filosoficamente la “ragione del più forte”, quasi come se avesse a che fare con Dio, o con la pioggia. In questo modello il grande assente è la virtù della saggezza. Non è un caso che la vadano a ricercare in vecchi indiani, mentre i nostri [di vecchi] finiscono nel tritacarne di big-pharma. Dunque il modello specialistico è semplice: trova la cosa che ti riesce più facile fare e coltivala fino all’eccellenza (ad esempio, se hai le braccia forti vai a fare il muratore, se ti riescono bene i conti fai il contabile).
E’ facile da capire, perché è identico al modello comunista (vedasi il famoso Gaokao). Il modello specialistico ambisce al transumanesimo, che rappresenta il completamento della fase di incubazione dell’individuo-collettivo. Il modello poliedrico ha invece come obiettivo il successo dell’individuo singolo, misurato in forma oggettiva, ovvero con parametri arbitrari, dove gli altri rappresentano semplicemente un elemento importante dell’habitat. Cessando di attribuire agli altri il potere di farci sentire migliori o peggiori, viene meno anche la frenetica necessità di giudicare e di manipolare. La sua applicazione è alquanto difficile, perché richiede la cooperazione tra individui, ma risulta altamente stimolante sotto il profilo evolutivo. Non rappresenta invece un modello competitivo sotto il profilo della quantità, o produttività. Un individuo poliedrico potrebbe trascorrere due anni solo ad osservare un sasso. Non vi è limite all’accuratezza di osservazione, e questo i nostri maestri del passato lo sapevano bene, quando la scienza apparteneva ancora a questo modello. Pochi, peraltro, sembrano notare, che le più grandi opere dell’arte, dell’architettura, dell’ingegno, sono il risultato di un approccio poliedrico e trasversale. In altre parole, quelle cose che reputiamo “gioielli dell’umanità” si riferiscono ad un tipo di umanità che stiamo di fatto soffocando fino all’estinzione. Trattandosi di uno stile di vita soggettivistico, solo l’individuo possiede gli elementi per determinare cosa, come, quando, e perché guardare il sasso, e dunque quando smettere di guardarlo. Tale stile di vita non potrà dunque delegare a Wikipedia, o ad Alexa, le proprie scelte comportamentali.

Precisiamo: spesso chi applica il modello specialistico ha la necessità di aggiustare alcune parole perché non rivelino la sua natura fallimentare. Una di queste parole usate a sproposito è proprio “cooperazione”. La cooperazione è tra individui, non tra formiche, o cellule. Le cellule non cooperano, in quanto non condividono risorse traendone vicendevole vantaggio individuale. Spesso le cellule giungono ad autodistruggersi se questa è la volontà dell’organismo cui appartengono. Le cellule che fanno a modo loro sono considerate malate, come i tumori.

Gerarchia

Come molti, provo una certa repulsione per le gerarchie… ricordo ancora infiniti episodi dove, in  un nuovo lavoro temporaneo in fabbrica, dovevo necessariamente far finta di essere meno abile  del mio sprovveduto mentore del momento, per non urtare l’amor proprio e la gerarchia. 

Si, perché la gerarchia nel modello sociale “informatico” deriva dal rango, dai titoli, dalla casta…  insomma è volontariamente priva di elementi oggettivi, anzi, surroga l’oggettività qualitativa in  numeri, tempo, titoli… quantità. 

Ma poi mi resi conto che esiste una gerarchia innata, autentica, utile ed elevante. E’ quella che mi  faceva appiccicare gli occhi addosso a quelli che, nella squadra di lavoro, possedevano la reale  autorevolezza, quella che emerge nelle situazioni critiche. 

Un momento “reale” richiede coscienza, non chiacchiere. 

Vidi anche che in molti casi la routine sociale evita i momenti critici, proprio per consentire ai “falsi  veterani” di poter continuare a conservare il loro rango. 

E qui vediamo la natura dello specialismo

Ma andiamo per ordine: immaginiamo due ingegneri che si conoscono al tavolo e iniziano a  discutere. 

Il primo, senza accertare le competenze del secondo, inizia a spiegare (yang) come si fa un  determinato lavoro. 

Il secondo, che invece quel lavoro lo ha svolto per molti anni con grande successo e attenzione, si  trova vagamente investito da una sensazione. Questa sensazione è traducibile come un’univoca  proposta di subordinazione: il primo ingegnere sta vantando le sue capacità per apparire  “superiore” all’altro, sentirsi meglio… 

Ma il secondo ingegnere interviene: “…scusa ma non è così come dici”. 

E’ guerra. Yang contro Yang

Per questo tra le prime capacità relazionali utili da apprendere, secondo Natura, vi è quella di  identificare, ovvero svelare (Yin), le reali capacità della persona che abbiamo di fronte. Dobbiamo  capire come porci gerarchicamente di fronte a lui.

Questo passaggio è obbligato; intendo dire che chiunque oggi compie questa specie di misura e  negoziazione quando conosce qualcuno; tuttavia lo fa usando parametri informatici, ovvero  preconcetti (routine informatica). 

E’ anziano? Ha girato il mondo? Conosce gente importante? Quali sono i suoi titoli accademici? E’  famoso? Quanti anni ha studiato?… etc 

Dunque non c’è da stupirsi che quasi tutti tendano sin da subito a vendersi mostrando prima di  tutto le loro esperienze, le cose che sanno, o cosa si dice di loro su internet… 

Nell’attuale, errato, modello relazionale parametrico, ciascuno è ciò che riesce a persuadere l’altro  di essere. 

Dunque esistono gerarchie in ogni ambiente, basate su parametri tutt’altro che oggettivi, ovvero  per nulla in grado di qualificare la persona con cui ci stiamo relazionando: per riuscirci dovremmo  prima di tutto essere Yin. 

Per questo stesso motivo, alcune persone vivono le gerarchie come qualcosa di insulso. Per il medesimo motivo, molte persone al contrario amano e difendono tale modello. 

Per il medesimo motivo appare molto gratificante, per l’amor proprio, il modello specialistico,  dove ciascuno si concentra sul perfezionare un’unica conoscenza o mestiere, non importa quanto  piccolo e relativo sia, fino ad arrivare ad un livello quantitativamente misurabile come elevato. 

In questo modo, i due ingegneri dell’esempio non avranno più guerra. L’ingegnere acustico  riconoscerà la superiorità dell’ingegnere ottico, e viceversa. Nessuna delle due valutazioni sarà  autorevole, in quanto l’acustico non capisce nulla (ammette di non essere esperto di luci) di fotoni,  e l’ingegnere ottico (ammette di non essere esperto di suoni) non capisce nulla o quasi di decibel e  risonanza acustica. 

Chiaramente questa soluzione porta all’atrofia della coscienza, ovvero della capacità di distinguere  chi è superiore gerarchicamente da chi non lo è, e genera surrogati di gerarchia basati su elementi  per nulla realmente distintivi, quali la web-reputation, o semplicemente il conto in banca. 

La percezione della propria individualità seguirà il calcolo informatico, facendoci sentire inferiori  senza un reale motivo, o superiori, e di conseguenza superiore o inferiore l’altro.

L’adulazione, il servilismo, il fanatismo, l’affascinazione… sono tra le conseguenze di questa errata  posizione esistenziale nel relazionarci con le cose. 

Soluzione: agire

Premessa 

L’attuale situazione sociale mostra un incremento di sentimenti di insicurezza e timore per il  futuro, che minacciano da un lato le ricchezze ed il benessere personale, e dall’altro l’ambiente e  la salute. 

E’ dunque ragionevole prevedere una incrementata attenzione per le tematiche ambientali, e  verso tutte quelle proposte e novità che offrano scenari di sbocco positivi. 

Mission 

– Sovvertire il trend di progressiva perdita di biodiversità, che penalizza le produzioni locali e  rischia di compromettere la disponibilità alimentare. 

– Ripristinare con un modello progressivo e incrementale la qualità delle foreste intese come  sistemi in biocenosi in grado di sostenere la vita. 

– Sperimentare modelli agricoli evoluti a basso impatto ambientale, congiuntamente ad una  antropizzazione dolce alternativa allo stile di vita metropolitano. 

– Consentire al grande pubblico di sostenere un’azione ecologica efficiente in forma diretta. – Dare una definizione chiara al principio giuridico di “valore naturale”, ovvero un diverso  modo di stimare il valore di un’area naturale non più dipendente direttamente dal reddito  agrario o dalla rendita produttiva (boschi cedui). 

Horigen 

L’associazione senza finalità di lucro Horigen è stata costituita allo scopo di raccogliere gli intenti  congiunti di coloro che, per proprie caratteristiche e qualità coscientive, riescono a comprendere i  principi del presente manifesto. 

L’associazione è dunque il soggetto giuridico attraverso il quale tali persone portare nuovi progetti  ed azioni volte alla realizzazione di obiettivi evolutivi per le specie umane naturali. 

Attraverso approcci radicalmente fattuali e pragmatici, Horigen guarda al ripristino della biocenosi,  estesa all’essere umano come specie naturale, ed intesa come armonia e reale felicità esistenziale.

Eros Poeta

THE PLACE

Ciao, mi chiamo Eros Poeta, sono uno scienziato e ricercatore etico. Da molti anni mi conoscete per le mie voci fuori dal coro, le mie conferenze e corsi gratuiti, e le mie iniziative sociali. Da alcuni anni ho deciso di investire la maggior parte delle mie energie e risorse nella realizzazione di un progetto che racchiudesse le mie esperienze e capacità, per dar vita ad un luogo differente: The Place.
 
The Place rappresenta un habitat ideale per un essere umano, e la sua urbanistica e conformazione è pensata per soddisfare esigenze alimentari, sociali, spirituali, evolutive.
 
Il progetto sarà replicato in altre aree, ma prima di tutto dobbiamo piantare il primo seme in Sardegna. La Sardegna sta attraversando un fenomeno di ulteriore spopolamento, e da alcuni anni sto monitorando il mercato dei terreni: man mano le vecchie tradizioni scompaiono nell’oblio, i terreni vengono ridestinati. I pannelli solari sostituiscono le pecore.
 
Tramite amici ho individuato il luogo perfetto: 620.000 mq di cui due km lungo il fiume. La caratteristica forma a cavalluccio marino dell’appezzamento ha ispirato il simbolo di The Place.
 
Nella pancia (belly) del cavalluccio, è presente una vasta area semi-pianeggiante, che negli anni 70 ospitava una grande azienda di agrumi e foraggio.
In questo luogo vi saranno animali, bambini, fiori e piante antiche e rare, acque e sistemi curativi, laboratori con anziani artigiani, feste campestri e musica, avventure spirituali profonde e nutrienti.
 
Primo anno: realizzazione area Guest con alloggi glamping e allestimento area Living per eventi sociali, salutari, educativi, spirituali.
 
Secondo anno: realizzazione Hub per coworking con internet satellitare e prime abitazioni QEva in area Resident, combinando bioedilizia e sistemi ipogeici, con orti e biolaghetti per totale autonomia esistenziale.
 
Terzo anno: ultimazione urbanistica con porticati a nastro, illuminazione solare, impianti idrogeologici, giardini semi antichi, hub coworking; area Farm con coltivazioni officinali, miele, piante esotiche e ricostituenti, ittiocoltura a fiume, operazioni di riqualificazione ecologica, e ovviamente allestimento area Health & Soul, l’area per la nostra salute fisica e spirituale.
 
Lungo i rami fluviali si trovano campi di lavanda, elicriso e mirto. La proprietà conta centinaia di querce da sughero e carrubi, olivastri e peracei, e numerose piante spontanee della macchia mediterranea sarda. Il fiume è puro, e anche nel periodo più caldo scorre sotto il letto sassoso e conserva gli avanotti di trote e numerosi altri pesci.
 
Il terreno è stato opzionato ad un prezzo vantaggioso, inferiore del 30% almeno all’attuale prezzo di mercato, già molto basso rispetto ad altre zone d’Italia. L’acquisto del terreno è dunque di per se già un ottimo investimento, e la riqualificazione che seguirà ne aumenterà sensibilmente il valore.
 
Grazie al modello di gestione che adotta una cooperativa agroturistica in sinergia con l’Associazione Horigen, è possibile realizzare numerose abitazioni per i Resident, e prevediamo di arrivare ad un massimo di 50 Resident + diversi Guest entro i primi cinque anni.
 
Tuttavia gli eventi e dissesti sociali di questo periodo stanno inducendo sempre più persone a scegliere uno stile di vita più autentico e naturale, e le richieste saranno probabilmente tante da indurre ad un espansione del terreno, oppure alla replica del modello in più punti vitali, in Italia e non solo.
 
Dopo più di un anno di sopralluoghi e rilievi, e decine di migliaia di euro investiti nelle operazioni, siamo pronti per partire, ma le risorse sono esaurite!
Nei prossimi mesi dovremo affrontare più di 20.000 euro di spese per mettere in sicurezza l’area e proteggerla dal bracconaggio. Inoltre dobbiamo assicurarci che il proprietario non receda dalla vendita per approfittare delle golose offerte delle multinazionali, che in questo momento stanno facendo incetta di terreni naturali per piazzare pannelli solari e lucrare sui contributi di Stato.
Entro la fine del 2023 dobbiamo sostenere dunque anche 6000 euro di quota annuale, che ci consente di poter continuare con le attività dei nostri volontari per tutto il 2024.
 
Aiutateci a non far morire questo sogno, parlatene con i vostri amici! Molti oggi sono giunti a comprendere l’urgenza e necessità di investire risorse verso qualcosa di realmente evolutivo, sano, che riscopre l’umano come parte entusiasta di una natura magica e nutriente. Vedremo crescere solo ciò oggi seminiamo, ed io ho deciso di mettere semi in The Place.
 
Se ci aiuterete, a primavera potremo godere assieme delle fioriture di questi semi, con un grande evento campestre di cibo, festa, spiritualità e salute, riservato ai sostenitori del progetto e loro amici!
 
Scriveteci per un contatto telefonico!
Potete chiedere direttamente qualunque informazione sul progetto The Place o sulle altre attività dell’Associazione Horigen, cui sono destinate le vostre donazioni!
 
Per chiedere dettagli specifici, investire direttamente nel progetto, visitare il terreno, candidarsi come Pioneer per i lavori sul posto, o diventare parte del team di professionisti dell’Associazione, basta mandarci un messaggio.
 
Grazie, parlatene ai vostri amici, e condividete! Purtroppo non abbiamo migliaia di euro per fare giusta pubblicità al nostro progetto, ma ogni aiuto potrebbe fare la differenza!
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